Formalmente, la volatilità di un asset finanziario è una misura statistica della dispersione dei suoi rendimenti attorno al suo valore medio. È spesso rappresentata dalla deviazione standard dei rendimenti logaritmici (o percentuali) su un determinato periodo di tempo. Un’alta volatilità indica che il prezzo dell’asset tende a fluttuare ampiamente, mentre una bassa volatilità suggerisce una maggiore stabilità. La scelta di utilizzare i rendimenti logaritmici è motivata dalla loro proprietà di additività, semplificando i calcoli e le analisi in contesti multi-periodo.
La volatilità è un concetto fondamentale nella finanza perché rappresenta una misura del rischio. Investitori e gestori di portafoglio utilizzano la volatilità per valutare il rischio associato a diversi investimenti. Ad esempio, un’azione con un’alta volatilità (diciamo, una deviazione standard annua del 40%) è considerata più rischiosa di un’azione con una bassa volatilità (ad esempio, una deviazione standard annua del 10%). Questa informazione è cruciale per la diversificazione del portafoglio e per la determinazione del giusto livello di rischio accettabile per un determinato investitore. Modelli come il CAPM (Capital Asset Pricing Model) utilizzano la volatilità (o la sua proxy, la beta) per determinare il rendimento atteso di un asset.
Nella pratica, la volatilità viene stimata utilizzando dati storici dei prezzi. Si possono utilizzare diverse metodologie, come la volatilità storica (calcolata direttamente dalla deviazione standard dei rendimenti passati), la volatilità implicita (derivata dai prezzi delle opzioni), o modelli più sofisticati come GARCH (Generalized Autoregressive Conditional Heteroskedasticity) che tengono conto dell’autocorrelazione dei rendimenti. Ad esempio, se i rendimenti giornalieri di un’azione negli ultimi 100 giorni hanno una deviazione standard dello 0.02, la volatilità storica annua sarebbe approssimativamente 0.02 * √252 ≈ 0.316, o 31.6%. Questa stima, però, è soggetta a incertezza e può variare significativamente a seconda del periodo di tempo considerato e del modello utilizzato.
Nonostante la sua utilità, la volatilità presenta dei limiti. Innanzitutto, è una misura retrospettiva, basata su dati passati che potrebbero non essere rappresentativi del futuro. In secondo luogo, non cattura completamente la natura asimmetrica del rischio, ovvero la differenza tra perdite e guadagni. Infine, la volatilità può essere manipolata o influenzata da fattori esterni al mercato, come eventi geopolitici o cambiamenti normativi. Pertanto, è importante utilizzare la volatilità come un indicatore tra molti altri, piuttosto che come l’unico criterio per la valutazione del rischio.
« Back to Glossary Index


