Formalmente, k-means mira a partizionare n osservazioni in k cluster (dove k è predefinito), in modo che ogni osservazione appartenga al cluster con la media più vicina (il centroide). La procedura iterativa inizia con l’assegnazione casuale di osservazioni ai cluster, quindi calcola i centroidi di ciascun cluster. Successivamente, le osservazioni vengono riassegnate al cluster con il centroide più vicino, e i centroidi vengono ricalcolati. Questo processo continua fino a quando non si raggiunge la convergenza, ovvero quando le assegnazioni dei cluster non cambiano più tra iterazioni successive o quando viene raggiunto un numero massimo di iterazioni. La funzione obiettivo da minimizzare è la somma delle distanze al quadrato tra ogni punto dati e il centroide del suo cluster, spesso chiamata inerzia o somma dei quadrati entro i cluster (WCSS).
L’importanza di k-means risiede nella sua capacità di identificare strutture latenti nei dati senza la necessità di etichette predefinite. Questo lo rende uno strumento prezioso in diverse aree della finanza quantitativa. Ad esempio, può essere utilizzato per raggruppare azioni in base alle loro performance storiche, identificando così settori o stili di investimento. Immaginiamo di avere dati di rendimento mensili per 100 azioni. Applicando k-means con k=3, potremmo identificare tre cluster di azioni: ad alta crescita, a bassa volatilità e a valore. Questo clustering può poi essere utilizzato per costruire portafogli diversificati o per sviluppare strategie di trading basate su questi gruppi.
Tra i vantaggi di k-means, spiccano la sua semplicità computazionale e la sua relativa facilità di implementazione. È un algoritmo efficiente, particolarmente adatto per grandi dataset. Tuttavia, presenta anche dei limiti. La scelta del numero ottimale di cluster (k) è spesso soggettiva e richiede l’utilizzo di tecniche come il metodo del gomito o l’analisi della silhouette. Inoltre, k-means è sensibile alla scelta iniziale dei centroidi e potrebbe convergere verso soluzioni locali subottimali. Infine, l’algoritmo assume che i cluster abbiano una forma sferica, il che potrebbe non essere sempre appropriato per dati complessi con forme irregolari. Per ovviare a quest’ultimo limite, esistono varianti di k-means, come k-medoids, che utilizzano punti dati reali come centroidi invece di medie.
In conclusione, k-means è un potente strumento per l’analisi dei dati in finanza quantitativa, ma la sua applicazione richiede una comprensione approfondita dei suoi punti di forza e delle sue limitazioni. La scelta di k e l’interpretazione dei risultati richiedono un’attenta analisi e una valutazione critica, considerando sempre il contesto specifico dell’applicazione e la natura dei dati analizzati. L’utilizzo di tecniche di validazione del clustering e la sperimentazione con diverse varianti dell’algoritmo sono cruciali per ottenere risultati affidabili e significativi.
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